Un commento alla Lettera ai Bulgari di Papa Niccolò

 Abbiamo deciso di studiare di nuovo la Lettera di papa Niccolò ai Bulgari in quanto contiene numerosi insegnamenti utili e altrettanti dettagli storici che la rendono un documento di primaria importanza per conoscere la Chiesa Latina del IX secolo. Quello che segue è quindi un commento che non può essere letto senza conoscere il testo originale (che abbiamo linkato poc'anzi). Ci soffermeremo a commentare solo quei capitoli o frasi che ci sembra di dover spiegare meglio. 



Sul capitolo II: i padrini di Battesimo

Il nostro umile commento vuol essere una guida per comprendere meglio alcune dinamiche che vengono esposte nella lunga epistola di papa Niccolò al sovrano del popolo bulgaro. Già il secondo capitolo offre una apertura interessante, parlando dei padrini di battesimo. Come tutte le risposte che seguono, i commenti del papa sono la risposta ad una domanda del khan, che possiamo supporre dal contesto. Il papa afferma che la parentela spirituale (spiritalis proximitas) è più importante della consanguineità. Questo anche perché il papa intende in un certo senso offrirsi come padrino del popolo bulgaro, come consigliere spirituale del re. In tal modo, il papa voleva assicurarsi la fedeltà alla sede romana del neonato stato bulgaro. Dobbiamo ricordarci che in quel periodo vi era una contesa giurisdizione fra la sede romana e il patriarcato di Costantinopoli, il quale ebbe la meglio sul khan (che divenne zar, "cesare", un titolo onorifico che indicava una certa interdipendenza dal Basileus). Il papa si sofferma poi a spiegare perché i rapporti fra consaguinei siano vietati, portando esempi biblici e culturali. Interessante il rimando alla "legge romana", un tema caro a tutti gli intellettuali medievali, questa resistenza del diritto imperiale nella vita quotidiana di regni più o meno "barbarizzati". Sicuramente, il Khan e il suo seguito conoscevano le leggi imperiali bizantine, con cui erano da decenni già in stretti rapporti culturali, spirituali e politici. Si affronta anche il curioso tema dell'adozione, che nel mondo antico era visto come un vincolo serissimo che comportava non solo l'ingresso in famiglia di una persona, ma anche la sua partecipazione attiva all'economia e alla vita politica della casa. 

Sul capitolo III: discettazioni liturgiche sul Matrimonio

Uno dei capitoli più genuinamente culturali e cultuali che troveremo nella lunga lettera è proprio la risposta numero tre. Il papa ci ricorda che "nei costumi antichi" anche in Occidente si indossavano le corone, ma ora non si fa più e piuttosto gli si preferisce un velo che copre entrambi gli sposi. Questo perché le corone (di mirto e di alloro) erano usate nei matrimoni pagani. Fu san Gregorio Magno (+604) a togliere questo costume per preferire la velatio. Anche se originariamente era il velo omerale che veniva posto sugli sposi, in alcuni luoghi gli si preferì addirittura l'impiego del piviale, che veniva aperto e adagiato sulle spalle di entrambi gli sposi. Questa tradizione proviene sicuramente dall'Egitto: ancora oggi infatti nella Chiesa Copta gli sposi indossano due piccoli piviali separati per il rito del matrimonio. Si menzionano anche i riti di scambio degli anelli, che - a detta del papa - sono un costume romano ma non presente a Costantinopoli. Noi sappiamo che l'uso degli anelli per la liturgia matrimoniale è diffuso universalmente in tutte le Chiese. Con una frase secondaria, papa Niccolò ha anche liquidato il "secondo matrimonio" ma non ne nega l'esistenza nel mondo occidentale (come i papisti di oggi dicono), perché scrive testualmente che "al secondo matrimonio gli sposi non sono velati". Abbiamo offerto una prospettiva sul secondo matrimonio nella Chiesa Latina a questo link

Sul capitolo VII: baciare la Croce

Interessantissima risposta ad un problema antico come la Chiesa, ovvero come spiegare la differenza fra un amuleto e un pendente cristiano? Sicuramente il Khan ha chiesto se è lecito baciare la croce che si porta al collo. I pagani baciavano sempre i loro portafortuna e i loro amuleti prima di scendere in battaglia o dinnanzi al pericolo o ad una scelta, o ad un bivio. I Padri ci insegnano a baciare la croce prima di andare a dormire, nella nostra battaglia notturna contro i fantasmi e gli spiriti della notte, come dice la preghiera di san Macario. Il papa Niccolò risponde che è lecito ai puri di baciare la Croce, ma agli impuri di astenersi da tale gesto. Qui si indica, a mio avviso, il bacio liturgico. Il papa ha pensato sicuramente alle grandi croci che si trovano nelle chiese o ai crocicchi, o alle croci che i sacerdoti recavano con sé per benedire le case, i pozzi, i fiumi e così via. Per questo il papa dice che "è inutile per colui che non ama la Croce di baciarla". Se si vive una vita lontana da Dio, che senso hanno i segni esteriori di pietà? 

Sul capitolo LIV e LV: gesti rituali

Il Khan chiede un fatto curioso: se è obbligatorio stare con le braccia incrociate durante la liturgia, così come "obbligano i greci". Curioso che al giorno d'oggi questa pratica sia scomparsa quasi totalmente nel mondo ellenofono, mentre si è mantenuta nei paesi slavi! Il papa risponde ovviamente che non c'è alcun comandamento in tal senso, e quindi che non siamo obbligati a farlo. Ma papa Niccolò ci ricorda che qualsiasi gesto di pietà è benaccetto dall'Onnipotente. Ecco una cosa che si nota spesso: i latini sono più liberi dei greci, lasciano più libertà nell'Ortoprassi che non i confratelli bizantini. Difatti, così come dice anche alla rispsota LV, i greci obbligano i fedeli a venire "legati con cinture" per fare la comunione. Il papa dà uno spettacolare contributo simbolico all'uso della cintura, specialmente indicata per la prassi monastica. 

Capitolo LX: norme alimentari

Il Khan chiede se è lecito mangiare al mattino prima dell'Ora Terza (9.00). Il papa risponde che generalmente si digiuna fino all'Ora Sesta (12.00) o, in quaresima, fino all'Ora Nona (15.00). Egli risponde che è sconveniente mangiare al mattino, perché gli apostoli stessi non hanno consumato mai cibo prima dell'Ora Terza. Questo dato sulla consumazione del cibo è un dato di interessante ortoprassi in quanto noi uomini e donne moderni diamo per scontato che la colazione faccia parte del ritmo quotidiano e anzi spesso viene indicata come "il pasto più importante della giornata". I santi Padri non sono d'accordo... il cristiano aspetta per mangiare fino a mezzodì, sia per dare il mattino a Dio e non al proprio ventre, sia per rispettare le leggi dei Padri. 

Capitolo LXXII e LXIII: la questione patriarcale

Il re dei bulgari era un fine politico, un uomo furbo senza dubbio, il nostro santo zar Michele (così si chiamò Boris dopo il battesimo). Egli voleva da subito un patriarca per il suo neonato regno, ben sapendo che una Chiesa autocefala è più facile da guidare che una dipendente da una autorità estera. La scelta di Boris / Michele penderà a favore di una interdipendenza con Costantinopoli proprio perché i bizantini saranno più rapidi nel fornire le condizioni dell'autocefalia, mentre il papa di Roma, in questa lettera, gli chiede tempo per ponderare la cosa e attende che la Chiesa Bulgara sia prima ben salda, per poi conferire l'autocefalia. Il fatto che i bulgari fossero di rito latino, se non in tutto il regno, almeno nella capitale Pliska, ce lo forniscono i dati archeologici. La prima basilica cristiana della Bulgaria era una copia in miniatura dell'antica basilica di s. Pietro. Non ce ne vogliano a male i nostri fratelli bizantini. In un secondo momento, Khan Boris ha preferito i più accomodanti romei ellenofoni ai rigidi romani d'Italia. Memori di questa lezione, i papi del secolo successivo saranno ben lieti di fornire una autonomia molto grande agli appena cristianizzati ungheresi ai tempi di papa Giovanni XII. Nella risposta XCII il papa risponde anche alla domanda "quanti patriarchi ci sono". Pare proprio che lo zar fosse ossessionato dall'autocefalia. Sebbene fresco di battesimo, sapeva già cosa avrebbe comportato una Chiesa indipendente.Nel capitolo XCIII il papa Niccolò afferma una cosa interessante, che secondo il Concilio di Nicea, il papa di Alessandria è "il secondo patriarca per importanza dopo quello di Roma". Nelle raccolte canonichge normalmente pubblicate nelle Chiese Ortodosse, il canone di Nicea così come presentato (per esempio nel Pidalion) indica che il patriarca di Costantinopoli è il secondo dopo Roma, per privilegio imperiale. Una interessante dinamica. 

Capitolo LXXVII: un uso "bibliolatrico" 

In questo interessantissimo paragrafo il Khan chiede se si possa effettuare un rito di divinazione utilizzando la Bibbia "come fanno alcuni preti greci". Ebbene questa prassi, forse sconosciuta in altre Chiese Ortodosse odierne, è ancora viva in Romania, dove - per esperienza diretta - ho assistito a questo rito usualmente praticato durante le preghiere di guarigione dell'Olio Santo. Il prete apre la pagina dove il fedele a inserito il dito e, leggendo il paragrafo, fornisce poi una indicazione del futuro o della vita in base a ciò che il prete legge. Inutile dire che si tratta di un abuso e in nessun caso si può gettare la sorte o prevedere il futuro in quanto le azioni umane cambiano continuamente l'esito degli eventi, così come la Divina Provvidenza. 

Capitolo CIIII: un "battesimo ebraico"

Papa Niccolò dimostra, in questo caso, di non conoscere le sette giudaizzanti che imperversavano nell'Impero Romano d'Oriente e che si diffusero nei Balcani e in Russia nel medioevo. Difatti il papa chiede di interrogare il giudeo battezzatore per capire se è "Cristiano o pagano". Con tutta probabilità si tratta di un bogomilo (cataro d'oriente), anche se potrebbe essere un missionario giovanneo (ne dubitiamo) o un giudaizzante tout-court. 

Capitolo CVI: la "sede migliore"

Papa Niccolò tira ora l'acqua al suo mulino quando il Khan gli chiede quale Chiesa sia la migliore, se la Romana o la Costantinopolitana. Non possiamo che notare una pungente ironia nella domanda del re, così come un acuto quanto malvagio atto di sobillazione, atto a verificare la risposta del papa per poter pesare il suo valore politico. Papa Niccolò non teme di affermare che la cattedra di Pietro possiede la retta dottrina e la dispensa maternalmente a tutti coloro che la chiedono. Ovviamente siamo nel IX secolo, la Chiesa d'Occidente è in comunione - instabile, invero, ma presente - con il resto dei patriarcati e il filoquismo e le altre eresie non sono ancora inarrestabili; ma si nota già la pretesa della sede romana d'essere la sola dispensatrice della corretta dottrina. Questo sentimento viene almeno dall'epoca iconoclasta, quando effettivamente i patriarchi di Costantinopoli caddero nella perniciosa eresia dell'iconoclastia. Roma difese il culto delle immagini e perse potere e territori a causa di questa sua aderenza all'ortodossia dottrinale; i papi erano risentiti delle ingerenze politiche del Basileus sulla Chiesa. La Chiesa Romana, che si dichiarava libera da tali compromessi, cadde purtroppo nella rete dei carolingi, alla quale si appigliò per non finire fagocitata dagli imperatori d'Oriente. 

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