Le Tempora nell'Ortodossia: una difesa della pratica occidentale

 Lo sappiamo, nel Rito Occidentale, tante cose non tornano o non piacciono ai puristi bizantini che, pur accettando a denti stretti che il venerabile antico rito latino è stato celebrato da santi come san Giovanni Maximovic (+1966) ed è stato ampiamente rivalutato nell'Ortodossia, ebbene questi puntano il dito contro alcune usanze occidentali che non "sembrano ortodosse". Avremo modo di parlare anche di altre, ma oggi ci focalizzeremo sulle Tempora

I puristi che vorrebbero solamente il rito bizantino storcono il naso sulla pratica delle Quattro Tempora perché si digiuna il sabato, e nella mentalità orientale il sabato non è un giorno di digiuno. Ora, potremmo banalmente rispondere che in Russia, in Ucraina, in Moldavia, in Romania e in Serbia i fedeli digiunano anche di sabato per poter prendere la comunione, a volte con sforzi disumani, tipo 14 giorni a pane e acqua per una comunione domenicale; ma vogliamo difendere una venerabile e antichissima pratica non attraverso una banale risposta di questo tipo, ma con dei dettagli storici e patristici. 


Un refettorio benedettino

Agli albori della polemica - il Concilio Trullano Quinsexto

Inizieremo con un Concilio che per noi ortodossi - bizantini, latini, russi, cinesi non importa - è imprescindibile: il Concilio di Trullo. 

Il Concilio trullano (692 d.C.) ci ricorda che i santi Padri vietano la xerofagia (ovvero il digiuno aspro) i sabati durante l'anno, con eccezione del Sabato Santo, giorno di particolare astinenza. Nel Canone 55, i Padri orientali riuniti a Trullo definiscono anche un curioso canone ad personam (o meglio dire, ad ethnos) condannando la pratica romana del digiuno di sabato:

Canone 55. Poiché abbiamo saputo che nella città dei Romani si segue il digiuno completo anche il sabato durante la Quaresima, e ci è sembrato giusto ricordare i decretali apostolici, i quali dicono che chi digiuna di sabato e domenica sia scomunicato

Ora, al netto dell'odio anti-romano, occorre dire che effettivamente c'è un Canone Apostolico, il LXIV, il quale stabilisce che i sabati di Quaresima si può consumare vino, olio e frutti di mare. I bizantini di oggi sono anche più cattivi dei Canoni Apostolici, visto che, nel calendario attuale, non si permettono i frutti di mare (se non in Grecia) e nemmeno il vino nei sabati quaresimali. L'interpretazione di san Nicodemo Athonita nel Pidalion è interessante, perché egli vede il divieto di digiunare di sabato non come qualitativo (il tipo di almento) ma temporale, ovvero di osservare un digiuno cronologico e non diurno. In parole più semplici, san Nicodemo suggerisce che i Latini osservassero un digiuno completo di 24 ore di Sabato, mentre egli dice che la prassi monastica impone il pasto dopo l'Ora Nona (le 15.00 attuali) e che i Latini dovrebbero conformarsi al regime di unico pasto quotidiano di sabato, dopo i Vespri, come fanno "gli ortodossi d'Oriente". Purtroppo il venerabile san Nicodemo non conosceva bene i ritmi benedettini, i quali, davvero, impongono il pasto dopo l'Ora Nona per i giorni di digiuno! E' pratica antichissima infatti di anticipare alle ore 12 l'Ora Nona (celebrata insieme a Sesta) proprio per poter consumare un pasto al giorno il mercoledì, il venerdì e il sabato delle Tempora (e in Quaresima), in quanto i benedettini tendevano a mangiare prima del tramonto e quindi prima della celebrazione dei Vespri e della Compieta.

Ora, il Canone 55 di Trullo parla di una pratica opposta, quella degli Armeni, i quali avevano cominciato a consumare, nei sabati di Quaresima, uova e formaggio - col pretesto di non digiunare di sabato. Il concilio imperiale intende quindi fornire una sorta di "via di mezzo" fra lo zelo ascetico occidentale e la rilassatezza degli Armeni. 

La pratica a Roma e in Occidente

La pratica romana della xerofagia sabbatica non era poi neanche molto diffusa all'infuori dell'Urbe e dell'Ordine Benedettino; in Gallia, Spagna, Germania, Inghilterra e in Nord Africa le Tempora arrivano abbastanza tardi, anche sono già presenti nei sacramentarii di Leone Magno (+461) e di Gregorio Magno (+604), quindi pratica ascetica di indubbia antichità. Nei primi secoli dell'era cristiana, le Tempora vanno di pari passo con altre benedizioni e rogazioni stagionali, che poi vengono fissate durante i periodi di digiuno annuali (Quaresima, Pentecoste (Pietro e Paolo), Dormizione di Maria/Santa Croce e Avvento). Solo dopo l'omologazione che segue l'Era Carolingia le Tempora sono ben stabilite nella prassi occidentale. Inoltre, nei periodi che esulano dalla Quaresima, i Latini mangiavano pesce di sabato, anche se era un periodo "di magro". Quanto si scioccano, anche qui, i puristi bizantini nel leggere che si consuma pesce durante un periodo di digiuno! insomma, non siamo mai contenti. E un famoso greco di Calabria, san Nilo di Rossano (+1004), santo veneratissimo in Oriente e in Occidente, fu proprio testimone di un dibattito sulle Tempora.

L'episodio di san Nilo di Rossano

Nella Vita di san Nilo scritta nel XI secolo, subito dopo la sua morte, è narrata una diatriba fra Greci e Latini proprio sulla pratica delle Tempora alla quale lui assistette; si dice infatti che il santo monaco di Rossano si recò a Montecassino per ricevere una piccola chiesa in uso per i suoi discepoli. Parlando delle pratiche rituali e delle differenze devozionali fra Oriente e Occidente, e alcuni benedettini gli domandarono quale era la sua opinione in merito. San Nilo rispose che i Canoni Apostolici dicono di non digiunare di sabato, ma che secondo lui i romani non commettevano questo errore per cattiveria, ma piuttosto per eccessivo zelo, e quindi Dio li avrebbe perdonati; e quindi rimase in pace coi benedettini di Montecassino. 

Ultime considerazioni

Alle volte, ci sono delle pratiche devozionali che in teoria sono contro un canone ecclesiastico, ma vengono giudicate empie in un luogo, e benedette in un altro, perché la pietà locale cambia da posto a posto. Vorrei ricordare l'usanza della vecchia Russia prima delle riforme nikoniane (1666 d.C.) nella quale quando un vescovo veniva spostato in una città diversa, il metropolita lo riconsacrava da capo e ripeteva la consacrazione episcopale "pubblica" per dimostrare che il consacrato è un vescovo "per davvero". Questa sì che era una pratica anti-canonica! Quanti santi vescovi russi che abbiamo in calendario hanno subìto questa norma anti-canonica dal 1000 fino al 1666? Eppure la Chiesa Russa non ha ritenuto privi di grazia i suoi vescovi nel periodo della riforma. 

Alle volte, i popoli, le tradizioni, le Chiese locali sono libere di esprimersi in modo un po' diverso rispetto alla fissità di un canone, per il benessere spirituale dei suoi membri; questo non significa che non dobbiamo cercare di essere ligi alla legge ecclesiastica, ma significa essere vivi e rimanere zelanti nella predicazione del Verbo e nella vita della Chiesa.

Ricordiamo anche come tantissimi santi si sono santificati vivendo secondo le tradizioni dell'antica Roma nel primo millennio. 

Gloria a Dio nei suoi santi, ora e sempre nei secoli. Amen. 

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