Pubblichiamo un Discorso dell'Arcivescovo Arnolfo di Orleans (+1003 d.C.), tenuto al Sinodo di Verzy del 991 d.C.; citato in “Storia della Chiesa cristiana, volume 4” di Schaff, pagine 290-292. In questo discorso, l'Arcivescovo inveisce contro la corruzione del clero romano e dice chiaramente che un vescovo non è inferiore al romano pontefice, il quale detiene sì un primato di onore, ma la cui autorità può cadere se si trova in uno stato di grave caduta morale.
Guardando lo stato attuale del papato, cosa vediamo? Giovanni XII chiamato Ottaviano, sguazzando nel porcile della lurida concupiscenza, cospirando contro il Sovrano che egli stesso aveva recentemente incoronato; poi Leone VIII il neofita, cacciato dalla città da questo Ottaviano; e quel mostro stesso, dopo aver commesso molti omicidi e crudeltà, muore per mano di un assassino. Successivamente vediamo il diacono Benedetto, sebbene liberamente eletto dai romani, portato prigioniero nelle terre selvagge della Germania dal nuovo Cesare Otto I e dal suo papa Leone. Poi succede un secondo Cesare [Ottone II], maggiore nelle arti e nelle armi del primo; e in sua assenza Bonifacio, vero mostro di iniquità, sporco del sangue del suo predecessore, sale sul trono di Pietro. È vero, viene espulso e condannato; ma solo per ritornare ancora, e arrossare le sue mani col sangue del santo Vescovo Giovanni [XIV]. C'è davvero qualcuno abbastanza audace da sostenere che i sacerdoti del Signore in tutto il mondo debbano prendere la loro legge da mostri di colpa come questi, uomini marchiati di ignominia, analfabeti e ignoranti allo stesso modo delle cose umane come di quelle divine? Se, o santi padri, siamo tenuti a pesare sulla bilancia la vita, la morale e le conquiste del più meschino candidato all'ufficio sacerdotale, quanto più dovremmo guardare all'idoneità di colui che aspira a essere il signore e padrone?
Ma cosa accadrebbe a noi se accadesse che l'uomo più carente di tutte queste virtù, così soggetto da non essere degno del posto più basso tra i sacerdozi, fosse scelto per occupare il posto più alto di tutti? Che diresti di uno simile, quando lo vedi seduto sul trono scintillante di porpora e oro? Non deve forse essere l'Anticristo, «seduto nel tempio di Dio e mostratosi come Dio»?
Ma la Chiesa di Dio non è soggetta a un papa malvagio; e neppure assolutamente, e in tutte le occasioni, ad uno dalla buona prestazione. Nelle nostre difficoltà ricorriamo piuttosto ai nostri fratelli del Belgio e della Germania piuttosto che a quella città [Roma], dove tutte le cose sono veniali, dove il giudizio e la giustizia sono barattati con l'oro. Imitiamo la grande Chiesa d'Africa, la quale, rispondendo alle pretese del Romano Pontefice, ritenne inconcepibile che il Signore avesse investito qualcuno della propria prerogativa plenaria di giudicare, e tuttavia l'avesse negata alla grande congregazione dei suoi sacerdoti riuniti in Concilio in diverse parti del mondo. Se è vero, come ci informano le voci comuni, che a Roma non c'è quasi nessuno che abbia dimestichezza con le lettere, senza le quali, come è scritto, difficilmente si può essere portinaio della casa di Dio, con quale faccia può colui che non ha imparato nulla proporsi come maestro degli altri? Nel semplice prete l'ignoranza è già abbastanza grave; ma nel sommo sacerdote di Roma, in colui al quale è dato di passare in rassegna la fede, la vita, la morale, la disciplina, di tutto il corpo del sacerdozio, sì, della Chiesa universale, l'ignoranza è in in nessun modo da tollerare... Perché non dovrebbe essere soggetto al giudizio a coloro che, pur essendo gli ultimi in posizione, sono i suoi superiori in virtù e saggezza? Sì, nemmeno lui, il principe degli Apostoli, rifiutò il rimprovero di Paolo, benché inferiore in posizione, e, dice il grande Papa S. Gregorio Magno, "se un vescovo è in colpa, non conosco nessuno che non sia soggetto alla santa sede; ma se è irreprensibile, ciascuno capisca che è uguale allo stesso Romano Pontefice e altrettanto qualificato quanto lui a dare giudizio in qualsiasi materia.
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