Il martedì sera, al vespro, cantiamo l'inno Telluris alme Conditor, di san Gregorio Magno (+604).
Tu che la notte trapunti di stelle e di luce celeste orni le menti, Signore che tutti vuoi salvi, ascolta chi ti implora! L’acerba sorte dell’uomo ha toccato il tuo cuore: sul mondo sfinito rinasce il fiore della speranza. Al vespro volge la storia del mondo; Tu, disponendo l’umana natura nell’inviolato grembo di una Vergine, sei venuto a salvarci. Compassionevole tu sei Signore, ogni cosa a te piega il ginocchio: il cielo e la terra adoranti confessano il tuo dominio. E quando scenderà l’ultima sera, santo e supremo Giudice, verrai: oh! Non lasciare in quell’ora al Maligno chi si è affidato a te! A te cantiamo gloria, o Cristo, Re filantropo, con il Padre e lo Spirito nel collimare dei secoli. Amen.
L'inno del martedì sera è denso di concetti teologici fondamerntali. Proseguendo nel racconto esegetico, il cantore glorifica il Creatore che ha creato il firmamento e la ragione umana, ma non solo: si palesa la teologia dell'Incarnazione del Verbo. Chi ascolta viene tuffato nel mistero della salvezza. Ci viene presentata una nitida, tremenda immagine: l'acerba sorte dell'Uomo. Cos'è difatti la vita umana se non tristezza e finitezza, se non siamo toccati dalla grazia? Come un frutto inadatto alla mensa, così ci viene presentata l'esistenza umana non cristiana. E il Signore ha preparato per noi una via di scampo: si proclama la nascita dal grembo verginale di Maria, come profetizzò Isaia dicendo: ecco, una vergine partorirà un figlio (Is. 7:14).Queste parole risultavano incomprensibili per i giudei, perché secondo le leggi della Natura, è impossibile partorire e potersi dire vergine! Ma il Signore Dio, che volle prendere su di sé l'umanità perfetta senza violare la sua bellissima e purissima Madre, miracolosamente le lasciò intatta la verginità prima, durante e dopo il parto, che fu indolore, a testimonianza che il suo corpo puro non era stato deflorato da un uomo, ma che il Verbo si era incarnato dallo Spirito Santo nel grembo della sempre-vergine Maria.
Questo miracolo lo si può accettare solo con gli occhi della fede, illuminati dalla comprensione profonda del mistero teantropico dell'incarnazione. L'inno usa le parole al vespro volge la storia del mondo perché il Signore si è incarnato alla sera e fu partorito di notte, ma al medesimo tempo fu all'Ora Nona che spirò, proprio prima del vespero; e fu nei recessi della notte che decise di scendere nell'Ade a liberare gli incatenati. Tutte queste grandi opere il Redentore Gesù Cristo le ha compiute al tramonto: di tali miracoli e divine compassioni e indulgenze dobbiamo riflettere quando celebriamo il Vespro!
L'inno procede sulla medesima riga dei suoi predecenti, con un finale escatologico: il fedele domanda a Dio di non lasciarlo preda del maligno nel giorno del Giudizio. Sappiamo, certamente, che i peccatori saranno eliminati insieme con i demoni, ma il Giudice Buono e Giusto, nel suo giudizio perfetto, riconoscerà i nostri sforzi e il nostro impegno cristiano, e giudicherà secondo le nostre opere, secondo giustizia e secondo pietà, perché, come dice l'Apostolo: il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore. [Romani 6:23]
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