L'inno Immense Coeli Conditor

 Il Lunedì sera, al vespro, cantiamo l'inno Immense Coeli Conditor, composto da san Gregorio Magno (+604). 

O immenso Creatore, che all’impeto dei flutti segnasti il corso e il limite nell’armonia del cosmo, tu all’aspre solitudini della terra assetata donasti il refrigerio dei torrenti e dei mari. Irriga, o Padre buono, i deserti dell’anima coi fiumi d’acqua viva che sgorgano dal Cristo.

Il lunedì sera ripercorriamo i fasti della Genesi, e torniamo con la mente e con la preghiera all'inizio della Creazione, quando il Signore compose il Cielo, la Terra, il firmamento e le acque terrestri e celesti. Ci pare molto ispirato il fatto che i Padri Latini abbiano scelto di cantare le lodi al Creatore delle acque proprio il Lunedì, che è il principio della settimana lavorativa, così come il primo giorno della Genesi il Signore si compiacque di iniziare il suo lavoro di Creatore. 

La chiosa finale è in realtà il punto più alto della composizione: l'inno fa riferimento al noto passaggio di Giovanni: ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna. [Giovanni 4:14]. Con queste parole, il divino Maestro ci propone il sacro lavacro del Battesimo, il quale ci concede la remissione dei peccati e la possibilità di accedere al Paradiso. Questa meravigliosa promessa era stata profetizzata dal grande Isaia, che riporta le promesse del Signore:  Poiché io spanderò delle acque sul suolo assetato, e dei ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua progenie, e la mia benedizione sui tuoi rampolli [Isaia 44:3]. Parlava dello Spirito Paraclito, il Buono, il Consolatore, che il Padre Celeste emana sui suoi figli assetati "come terra arida", i quali aspettano le acque rinfrescanti della Grazia. Il santo profeta Davide aveva profetizzato la sete di giustizia, di verità, di amore, di luce: sono come in una terra arida e assetata (salmo 142). L'arido colle del Golgota  che ha ospitato il Signore Gesù Cristo nelle sue ultime ore sulla Terra è stato irrigato dal sangue misto ad acqua del Cristo stesso, quando fu colpito al costato con la lancia. San Teodoro Studita (+826) nel suo sermone pasquale (cfr Patrologia Greca, vol. 99) scrive che questo è avvenuto affinché Disma, il buon ladrone, potesse ricevere un battesimo prima della loro comune dipartita. Possiamo anche dire che in quel frangente il Redentore ha preparato un archetipo dell'oblazione liturgica, in quanto anche noi, emulando questo evento, mescoliamo vino rosso e acqua nel santo calice; e possiamo dire che con l'effusione del suo Sangue sul venerabile Legno della Croce, il Signore si è sacrificato per tutta l'umanità. 

Quando cantiamo questo inno, domandiamo al Signore di poter ricevere l'acqua viva, lo Spirito Santo, la sua Grazia vivificante. 

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