L'inno Hominis supernae Conditor

 Siamo giunti all'inno vespertino del venerdì, Hominis supernae Conditor, composto da san Gregorio Magno (+604).

Dio, creatore dell’uomo, che, regolando tutto da solo, ordini alla terra di produrre ogni specie di rettili e di fiere, che hai dato all’uomo corpi inanimati, vivificati dal comando di Dio, affinché lo servano secondo il proprio ordine, sottomettendoglieli. Tieni lontano dai tuoi servi tutto ciò che attraverso l’impurità o si insinua nei costumi o si infiltra nelle azioni. Concedici il premio di un’intima gioia, concedici i doni della tua grazia; sciogli i vincoli della discordia, stringi patti di pace. Ascoltaci, o Padre amorevolissimo, o Figlio unigenito eguale al Padre, che regni per tutti i secoli con lo Spirito Paraclito. Amen.


L'innografia vesperale completa il ciclo settimanale della Feria V con la cronaca della creazione dell'Uomo e del resto degli animali terrestri, rimembrando la sottomissione della Natura all'Uomo. 

E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. [Gen. 1:26] Il Signore Dio prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. [Gen. 2:15]

L'idea di una completa passività della condizione umana non è contemplata minimamente. L'idea moderna del Paradiso come di un periodo di ozio non coincide con la Scrittura, la quale invece dimostra come fin dal principio l'Uomo è chiamato all'attività, all'edificazione, alla cura e alla custodia della Creazione. Del resto, la sapienza umana riconosce che l'ozio è il nemico del corpo e dello spirito: Fallo lavorare perché non stia in ozio, poiché l'ozio insegna molte cattiverie.[Siracide, 33:28]. L'essere umano era allo stadio più elevato dello spirito, e viveva perfettamente integrato nella Presenza Divina che coabitava l'Eden con tutte le creature. Secondo san Giovanni Crisostomo, l'opera principale dell'Uomo nell'Eden era la "coltivazione spirituale", la perfetta sinfonia con Dio, giacché le piante crescevano senza dover essere lavorate e il lavoro era privo di fatica. Vediamo anche come Adamo nomina gli animali, imponendo loro un nome (Gen. 2:19-20). Nella cultura antica, dare un nome alle cose significava possederle (per questo i genitori impongono un nome ai propri figli). In questo senso, possiamo comprendere come l'intera natura fosse sottomessa all'Uomo ma non in termini di violenza e sopraffazione, ma di accettazione della gerarchia divina che significa collaborazione fra l'uomo e gli animali. Si dimostra, attraverso queste semplici righe della Scrittura, che l'Uomo era capace di pensiero cognitivo e di totale competenza e capacità di interagire con il Creato fin dalla sua creazione. Non vi erano ancora prede e predatori, e i serpenti e gli altri animali oggi nocivi non mordevano né attaccavano l'Uomo. L'idea di "dominio", di "imperio" sulle creature da parte dell'Uomo è da cercarsi nella somiglianza con Dio, citata dalla Scrittura. Come Dio ha l'autorità e l'autorevolezza su tutto il cosmo, così l'Uomo, che compartecipava, in virtù della sua Comunione con Dio, di questo potere. Mentre Dio mantiene per sé la potestà sui Cieli e sull'Universo sconosciuto, concede parte di questo imperio all'Uomo relativamente alla Terra. A tal proposito dice san Macario il Grande che il titolo di "principe del mondo" fu rubato all'Uomo dal diavolo, quando sottomise l'essere umano col peccato originale. 

Anche il comando di crescere e moltiplicarsi (cfr. Gen. 1:28) necessita di essere investigato. Il diletto dell'amore umano e della procreazione viene letto dai santi Padri come uno stato privo della carnalità bestiale dell'uomo decaduto, ma il processo di nascita e diffusione dell'umanità era stato benedetto come una condizione di grazia, nella quale non vi era posto per la depravazione e la sopraffazione né fisica né mentale.  San Giovanni Crisostomo scrive che i primi esseri umani non conoscevano i "bisogni del corpo" e che la procreazione era un atto totalmente impassibile (Omelia 18 cap. 4). Anche sant'Agostino di Ippona, nelle sue omelie sulla Genesi, conferma lo stesso concetto (La Città di Dio, tomo XIV).  La Caduta di Adamo rappresenta dunque l'allontanamento dal progetto originale dell'Eden, e la redenzione di Cristo e la nascita della Chiesa è per noi la possibilità di tornare, in modo nuovo, ad essere partecipi della grazia divina e quindi di vivere come Dio ha voluto per noi, nella sua comunione e nel suo potere: per questo alla fine dell'inno domandiamo di produrre frutti spirituali e di vivere nello Spirito Santo.

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