I Canoni di Reims per il clero dal Capitolare di Incmaro di Reims

 

Incmaro di Reims (806 – Épernay, 21 dicembre 882) è stato un teologo e filosofo francese, arcivescovo di Reims. Fu anche consigliere del re. Destinato alla vita monastica, fu allevato a Saint-Denis sotto la direzione dell'abate Ilduino che lo introdusse nell'822 alla corte dell'imperatore Lodovico il Pio. Quando Ilduino cadde in disgrazia nell'830 per aver parteggiato per Lotario I, Incmaro lo accompagnò nell'esilio di Corvey in Sassonia, da dove tornarono insieme a Saint-Denis quando l'abate si riconciliò con l'imperatore rimanendogli fedele anche durante le lotte con i figli. Dopo la morte di Lodovico il Pio nell'840, Incmaro appoggiò Carlo il Calvo, ricevendone in cambio le abbazie di Nôtre-Dame a Compiègne e di Saint-Germer-de-Fly. Nell'845 ottenne dal re l'arcivescovado di Reims, nomina approvata dal sinodo di Beauvais nell'aprile dell'845. Incmaro fu anche responsabile della destituzione di un vescovo Rotadio, un assolutista papista che insegnava il primato assoluto del papa sui vescovi. Incmaro riuscì a farlo deporre, ma Rotadio si affidò al Papa, che lo rimise al suo posto come vescovo di Soissons. Incmaro scrisse anche importanti trattati sul libero arbitrio e sui sacramenti.

Incmaro arcivescovo di Reims, al fine di chiarire col suo suo clero alcuni importanti prassi liturgiche e di ortoprassi, chiamo un Capitolare, ovvero un sinodo diocesano, nel 852 d.C., per fornire una prassi comune. Le istruzioni furono considerate così illuminate da trovar poi applicazione in tutta la Francia e anche fuori dai confini dell'Impero Carolingio, come in Italia, in Spagna del Nord e in Germania. Ne proponiamo una traduzione al fine di formare il clero di rito occidentale su queste importanti nozioni, affinché vengano messe in pratica.


CAPITOLARE DI RHEIMS

ANNO DOMINI 852


Prefatio

Nell'anno del Signore 852, si è radunato il capitolo generale a Reims, il giorno primo di Novembre, e l'arcivescovo Incmaro ha discusso con il clero sulle leggi ecclesiastiche e sull'ortoprassi. Poiché la discussione è stata assai proficua, ne abbiamo preso nota, affinché codeste disposizioni vengano osservate con pietà.

CANONE I

Che ciascuno dei sacerdoti apprenda integralmente l'esposizione sul Credo e sulla preghiera del Signore (Padre Nostro), secondo le tradizioni dei Padri di retta fede, e istruisca accuratamente il popolo a lui affidato predicando in proposito. Fagli capire anche la prefazione del Canone [della Messa], e il Canone stesso, e sappia recitarlo chiaramente a memoria. E sappia leggere bene le preghiere della Messa, l'Apostolo e il Vangelo. Il prete sappia come pronunciare bene, a memoria, le parole e le frasi dei Salmi, con i cantici di rito. E si raccomandi alla memoria il sermone di Atanasio Sulla Fede, che inizia “Chi vuol essere salvato” [1]. E fargli capire il significato ed essere in grado di spiegarlo con parole comuni.

CANONE II

Che nessuno fra il clero si permetta di non conoscere gli scrutini battesimali e il rito del Battesimo.

CANONE III

Si Raccomanda di apprendere a memoria distintamente e razionalmente gli esorcismi battesimali, le preghiere per fare i catecumeni, le preghiere per consacrare le fonti, e le altre preghiere per maschi e femmine, in gruppi e individualmente. E similmente la liturgia del battesimo per soccorrere gli infermi. E chi non può avere fonti battesimali di pietra, abbia un vaso adatto solo per questo ufficio del battesimo. Similmente abbia vasi puliti per lavare il corporale e le tovaglie dell'altare, non adibiti ad altro scopo.

CANONE IV

Impari a memoria il rito per la riconciliazione dei penitenti (La confessione), e la liturgia per l'unzione degli infermi, e anche le preghiere adatte a questa necessità. Allo stesso modo, impari la liturgia e le preghiere per i funerali e per altre questioni relative ai defunti, e ugualmente gli esorcismi e le benedizioni dell'acqua e del sale.

CANONE V

Che ogni domenica ogni sacerdote prepari nella propria chiesa, prima del servizio della Messa, dell'acqua benedetta in un vaso pulito, adatto a tale mistero, con la quale possa aspergere il popolo che entra in chiesa. E chi lo desidera, ne prenda in piccoli vasi puri e ne asperga le abitazioni, i campi e le vigne, il bestiame, il foraggio, i cibi e le bevande.

CANONE VI

 Che ogni sacerdote abbia il turibolo e l'incenso, affinché, dopo la lettura dei Vangeli e terminato l'offertorio per le oblazioni, vi si metta l'incenso, come alla morte del Redentore fecero le Mirofore. [2]

CANONE VII [3]

Che il sacerdote sminuzzi in un recipiente pulito e adatto le oblazioni offerte dal popolo e avanzate dopo la consacrazione, e il pane che i fedeli portano in chiesa, o il pane che egli stesso ha preparato. Dopo il servizio della Messa, coloro che non erano preparati alla comunione possono portarli in dono [ eulogia], ogni domenica e nei giorni festivi, a casa. E lo benedica il sacerdote con queste parole prima di distribuirlo in elogio a chi lo prende, e badi che le briciole non cadano inavvertitamente. 

Preghiera per benedire il pane (da recitarsi dopo la Messa):

O Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, degnati di benedire + questo pane con la tua santa e spirituale benedizione, affinché a tutti coloro che lo mangiano con fede, riverenza e gratitudine per te, sia sicurezza della mente e del corpo, e una difesa contro tutte le malattie e tutti gli attacchi dei loro nemici. Per nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio, il pane della vita, che è disceso dal cielo e dà la vita e la salvezza al mondo, e vive e regna con te come Dio, nell'unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

CANONE VIII

Ogni sacerdote legga attentamente le 40 omelie di s. Gregorio (Magno), e le comprenda. E, affinché si renda conto di essere stato promosso al ministero della Chiesa nella forma dei 72 discepoli, impari per esteso e a memoria il sermone del suddetto Dottore sui 70 discepoli inviati dal Signore per la predicazione . Lascia che anche lui sia istruito nel necessario computus [calcolo della data delle feste] e dei canti per tutto il ciclo dell'anno.

CANONE IX

Terminata la funzione mattutina pubblica [Cioè il Notturno e le Lodi], paghi i debiti del suo dovere clericale cantando prima, terza, sesta e nona. Poi le restanti Ore [cioè Vespro e Compieta] saranno celebrate pubblicamente, per quanto possibile, da lui stesso o dai suoi allievi. Poi, terminato il servizio della Messa, e visitati gli infermi, si dedichi ai lavori agricoli, e quant'altro è necessario, osservando il digiuno, per poter provvedere alle necessità dei pellegrini, degli ospiti o dei vari viandanti, dei malati e dei moribondi, fino al tempo convenuto, secondo la qualità della stagione e l'occasione.

CANONE X

Che si prenda cura degli ospiti, specialmente dei poveri e degli storpi, degli orfani e dei pellegrini; e dovrebbe invitarli al suo pranzo ogni giorno, per quanto è possibile, e dar loro un'adeguata ospitalità.

CANONE XI

Che nessun sacerdote osasse dare in pegno il calice o la patena, la tovaglia o la veste sacerdotale o il libro a un locandiere o mercante o a qualsiasi laico o laica. Poiché tale è la santità del santo ministero, come il Signore ha proibito per mezzo del profeta, con la comprensione del mistero più alto, che nessun sacerdote dovrebbe uscire dal popolo con le sue vesti sante, ma dovrebbe rimuoverle all'interno del santuario quando torna ai doveri secolari compiuto il divino officio. Se gli è proibito dai santi canoni di entrare nelle taverne a bere, affinché gli indumenti benedetti del santo ministero non vengano toccati dagli impuri, quanto meno dovrebbe darli in pegno? Questo il santo papa e martire Stefano insegnava nelle sue decretali a sant'Ilario.

CANONE XII

Che nessun sacerdote seppellisca nessuno nella chiesa senza consultare il vescovo, tranne quelle persone che abbiamo designato individualmente e personalmente in un sinodo. Né dovrebbe chiedere o estorcere nulla per la sepoltura. Se però qualcosa viene donato liberamente da qualche devoto, all'altare o alla chiesa o a se stesso, non gli vietiamo di accettarlo cortesemente. [4]

CANONE XIII

Nessun sacerdote dovrebbe accettare alcun dono (exenium) o emolumento temporale, o piuttosto detrimento spirituale, da qualsiasi peccatore pubblico o persona incestuosa, affinché taccia il suo peccato davanti a noi o ai nostri ministri. Né esiti, per rispetto di persone o parentela o vicinanza, compartecipazione al peccato altrui, a farne sapere a noi o ai nostri ministri. Né deve presumere di prendere alcuna grazia o favore o dono da alcuno penitente, in modo da portarlo alla riconciliazione mentre non è degnamente penitente e dargli una testimonianza di riconciliazione, mentre per dispetto rimuove un altro, forse più degnamente penitente, dalla riconciliazione. Questa è simonia, e abominevole a Dio e agli uomini.

CANONE XIV

Quando il sacerdote si reca all'ufficio di commemorazione del defunto al terzo, al settimo, al nono o al trentesimo giorno dalla morte, o all'anniversario della morte, che non osi ubriacarsi in memoria del defunto o del santo commemorato. Né dovrebbe costringere gli altri a bere o lui stesso a trangugiarlo su richiesta di qualcun altro, né dovrebbe osare avere rauchi applausi e risate, o raccontare storie sciocche o cantare. Né permetterà che davanti a lui si svolgano giochi vergognosi con un orso o con le danzatrici. Né dovrebbe permettere alle maschere dei demoni, comunemente chiamate talamascas, essere messe in evidenza, poiché questo è diabolico e proibito dai sacri canoni. Mangi piuttosto con onestà e religione e torni alla sua chiesa al momento opportuno. Soprattutto, ciascuno abbia cura che, poiché desidera rallegrarsi del proprio status, non debba per qualche motivo e con alcune parole infastidire o provocare il suo pari o chiunque altro, all'ira, al disaccordo e al litigio, ancor meno alla lotta e all'omicidio . Né se provocato dovrebbe elevarsi a queste cose. Perché il diavolo è sempre coinvolto in queste cene e bevute comuni, che organizzano i non religiosi. Quando però i sacerdoti si riuniscono per qualche pranzo, il diacono o qualcuno più anziano tra loro inizi il versetto davanti al tavolo e benedica il cibo. E si siedano secondo l'ordine, facendo onore l'uno all'altro, e benedicano a turno il cibo e la bevanda, e uno di questi chierici legga qualcosa dalle sacre scritture. E dopo aver mangiato, recitino un inno sacro, sull'esempio del Signore e salvatore e dei suoi discepoli, come si legge hanno fatto durante la cena. E i sacerdoti si controllino in ogni luogo, specialmente in tali cose, affinché, come dice l'Apostolo, "il nostro ministero non sia discreditato".  

CANONE XV

Quando i sacerdoti si riuniscono il primo di ogni mese, dopo il santo mistero e la necessaria collatio [5] è stata osservata, non si siedano a mensa come per un banchetto (prandium), e non si appesantiscano con piatti inadatti, perché questo è vergognoso e gravoso. Spesso tornando tardi nelle loro chiese, si lamentano dei danni del rimprovero e discutono tra loro sul loro reciproco fardello più che su qualsiasi cosa di profitto. Perché l'apostolo Paolo rimprovera i Corinzi per questo tipo di incontro, che avviene sotto la copertura della religione: erano soliti riunirsi per prendere la cena del Signore, in modo inappropriato. Così coloro che vengono alla cena del Signore, cioè alla collatio della parola, come scusa e in verità sono uniti insieme per amore del loro stomaco, saranno ritenuti riprovevoli sia davanti a Dio che agli uomini. E così, compiuto tutto ciò che volevano, spezzino il pane in casa del confratello, con gli altri fratelli, con grazie e amore, e bevano individualmente, e soprattutto non prendano il calice più di tre volte e tornano alle loro chiese.

CANONE XVI

Riguardo ai gruppi che sono popolarmente chiamati geldonia ['corporazioni' o 'gilde'] o confratriae, abbiamo consigliato verbalmente e ora avvertiamo espressamente per iscritto, che ci dovrebbe essere quanto riguarda la ragione, l'autorità e l'utilità; e che nessuno, sacerdote o fedele, osi andare oltre nella nostra diocesi. Cioè che si uniscano per ogni dovere religioso, cioè nei doni, nell'illuminazione, nelle preghiere reciproche, nelle esequie dei defunti, nell'elemosina e negli altri uffici di pietà. Coloro che desiderano offrire una candela, individualmente o in gruppo, possono portarla all'altare o prima della Messa o durante la stessa, prima della lettura del vangelo. Possono fare una sola offerta e oblazione, per se stessi e per tutti coloro che sono congiunti e vicini a loro. Se porta più vino in un barile o una brocca o più oblazioni, allora le dia al sacerdote o al suo ministro prima o dopo la Messa, dalla quale il popolo può prendere le eulogiae in elemosina e benedizione da essa, oppure i sacerdoti possono avere un supplemento.

Ma i banchetti e i pranzi in comune delle gilde la santa autorità li proibisce, poichè spesso hanno luogo liti ed esazioni indebite, vergognose e stupide facezie e disordini, che conducono, come abbiamo visto, all'omicidio, all'odio e al dissenso, queste cose le proibiamo assolutamente. Se qualcuno osa farlo, allora se è un sacerdote o un chierico, sarà privato del suo grado; se è un laico o una donna, sarà separato dalla chiesa fino a quando non sarà soddisfatta.

Se è necessario che i confratelli si riuniscano tutti per un incontro, per esempio se qualcuno ha un litigio con un suo coetaneo che deve essere riconciliato, ma che non può recarsi ad un incontro del sacerdote e degli altri, allora, dopo questi sono state compiute le cose che sono di Dio e convengono alla religione cristiana, e dopo le necessarie ammonizioni, se accade che tutti si riuniscano per il ristoro secondo la legge dell'amore e della consolazione fraterna, permettiamo che ciò avvenga. Conservino la modestia, la temperanza, la sobrietà e la concordia della pace, come si conviene ai confratelli, affinché tutto sia per l'edificazione fraterna e la lode e la gloria di Dio. E fate attenzione a ciò che il Salvatore dice in particolare: 'Guardate che i vostri cuori non si appesantiscano nell'ebbrezza e nell'ubriachezza'. Coloro che lo desiderano prendano il pane benedetto dal sacerdote e spezzino solo il pane, e ciascuno beva un solo bicchiere di vino alla salute reciproca, e non osi prendere nient'altro. E poi ognuno torni a casa con la benedizione del Signore.

CANONE XVII

Se qualche sacerdote dovesse morire, il sacerdote vicino non ottenga dal signore secolare, a richiesta o con qualche dono, una chiesa prima indipendente, e nemmeno una cappella, senza il nostro permesso. Se dovesse fare questo, riceva la sentenza che segue, come decretato dall'autorità canonica circa il vescovo che per ambizione cerca una città più grande: dovrebbe perdere ciò che possiede, e non ottenere ciò che ha cercato di usurpare.

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NOTE E BIBLIOGRAFIA

I Canoni di Incmaro sono preservati nel  MGH Capitula Episcoporum II, pp. 34-45. Capitularia regum francorum, vol. II, ed. Boretius and Krause (1897) Per gentile concessione del sito Hincmar Project ne abbiamo ricevuta una versione in inglese.

1) Il Simbolo Atanasiano si legge all'Ora Prima ogni domenica, pertanto è una parte importante dell'ufficio liturgico.

2) Iniziava già nel IX secolo l'idea di una Messa "corta" la quale veniva tagliuzzata e le parti più solenni riservate solo alle feste. Il beato presule Incmaro, al contrario, ricorda come ogni singola Messa, anche feriale nel giorno più "comune", rimane sempre una grande celebrazione della morte e della resurrezione del Redentore.

3) Questo canone è fondamentale per noi ortodossi occidentali. Incmaro dimostra che, ancora nel IX secolo, si usasse il pane normale e non l'ostia per celebrare i divini servizi. 

4) Il vescovo si pone contro la moda del tempo di seppellire i ricchi e i nobili dentro le chiese per onore della famiglia, ma impone piuttosto che vengano seppelliti nei cimiteri come tutti. 

5) La collatio secondo l'insegnamento benedettino è una sorta di merenda accompagnata da un bicchiere di vino, un colloquio spirituale fra monaci o preti per discutere dei santi Padri, della Bibbia, della legge della Chiesa e così via. Erano spesso occasioni in monastero o nelle cattedrali per incontrarsi e discutere su modello degli antichi incontri filosofici greci. 


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