Siamo giunti a leggere della terza antifona speciale dell'Avvento, che si canta per il 19 dicembre al vespro e all'alleluia: Radice di Jesse. Questo è un inno profondamente umano, è una chiamata di speranza verso Dio. In questo modo decaduto, oscuro e obliato dal male, si alza forte la voce speranzosa di coloro che sanno che il Salvatore è in arrivo, ed è pronto a compiere le sue promesse per la sua gente che Egli ama.
O Radix Jesse, qui stas in signum populorum, super quem continebunt reges os suum, quem gentes deprecabuntur: veni ad liberandum nos, jam noli tardare.
O Radice di Jesse, che stai come una bandiera per i popoli, innanzi alla quale i re della terra non parlano, (e) che le genti cercheranno: vieni a liberarci, non tardare.
I rimandi alla profezia di Isaia sono evidenti, così come la conferma genealogica che l'evangelista Matteo (capitolo I) che Gesù discende dal re Davide, ma la "verga di Jesse" ci ricorda anche un bastone, quello del comando dei condottieri o quello placido del pastorale episcopale, sotto il quale militano, come un esercito, tutte le genti convertite dall'errore idolatrico e convinte dalla forza della divina promessa.
Siamo consapevoli che nel nostro triste mondo non c'è altra consolazione che la voce del Signore, questo vessillo ben alzato che ci guida nell'oscurità di una notte che sembra non finire mai. Tribolazioni, dolori, privazioni causate dalla nostra stoltezza e dalla maledizione dei protogenitori, ecco che tutto questo si illumina della luce sfolgorante dell'alba della Nascita del Redentore, che iniziamo a sentire sempre più vicina. Sotto il vessillo della Croce di Cristo, consapevoli del tempo limitato che abbiamo da vivere, possiamo marciare trionfanti e unirci a quella schiera innumerevole di uomini e donne di ogni tempo che hanno riconosciuto nel Signore la radice della Vita, la fontana di delizie che ci ha riscattati dalla sete spirituale e che ci può davvero concedere il riposo dalla fatica di questa lunga marcia. Il Signore è cantato come liberatore, liberatore da chi? Dal pesante fardello della morte. Gli antichi vivevano nella paura della morte perché sapevano che le porte del Paradiso erano chiuse. Il Signore Gesù Cristo ha invece aperto il Paradiso e sfondato le porte dell'inferno, liberando gli speranzosi e confondendo i demoni con la sua luminosa presenza nel dominio delle tenebre.
Cantiamo dunque al Salvatore, al Liberatore delle nostre anime dai lacci del peccato e della morte, sempre sia gloria al nostro vero Re.
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