La basilica di Sant’Elia – la dedica corretta, a sant’Anastasio, è volgarmente trascurata a favore del toponimo, poiché la chiesa sorge ai margini della cittadella di Castel Sant’Elia – è classica innanzitutto nella semplicissima forma basilicale; e in aggiunta però ogni suo elemento tradisce la dipendenza da Roma, e il contagio che Roma esercita.
L'esterno della basilica
Nel catino dell’abside campeggia un Cristo in piedi circondato da santi, con Paolo e Pietro, con cui Gesù dialoga, e con sant’Elia e sant’Anastasio. Più sotto, si muove una processione di sante che, seppur mutila, alcune ne mostra che potrebbero venire da Ravenna. I colori sono limpidi, curati, i volti e le forme molto paleocristiane anche se la chiesa è del XI secolo. Poi sulle pareti di questa vasta sala, di questo transetto imponente, sfilano i profeti guerrieri, e i ventiquattro Vegliardi, e introducono all’esteso racconto dell’Apocalisse, che si distribuisce nei riquadri della parete meridionale. Purtroppo, gran parte dei mosaici è perduta o rovinata dall'incuria delle generazioni di sacerdoti che hanno avuto l'onore di servire in questo mistico luogo.
L'altare è ben conservato nel suo stato originale anche se, purtroppo, si notano le inevitabili grinfie di Trento e del suo concilio barocco, con una pergula segata a metà, che pur tuttavia mantiene intatto il suo fascino arcaico; da notare l'ambone rivolto a Oriente, da cui si presuppone il diacono o il sacerdote leggessero l'Evangelo. Non è un pulpito, il quale sarebbe stato rivolto al popolo.
Ringraziamo Before Chartres per le fotografie e la stupenda presentazione della chiesa.
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