Terza domenica di Pasqua: Il Buon Pastore

 Io sono il buon pastore; il buon pastore da la sua vita per le pecore. Ma il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore. Or il mercenario fugge, perché è mercenario e non si cura delle pecore.  Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore. Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore. [Giovanni 10:11-16]


Cristo il Buon Pastore, dal Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (V secolo)

«Io sono il buon pastore». A buon diritto Cristo può dire: «Io sono», perché per lui nulla è passato, nulla è futuro, ma tutto è presente. Infatti dice nell'Apocalisse: «Io sono l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, dice il Signore Dio, che è, che era e che verrà, l'Onnipotente» (Ap 1,8); e nell'Esodo: «Io sono. Così dirai ai figli d'Israele: “Io sono” mi manda a voi» (Es 3,14). Giustamente quindi dice: «Io sono il buon pastore». Pastore deriva da pasco (pascolare, pascere, nutrire), e Cristo ci nutre ogni giorno con la sua carne e il suo sangue nel sacramento dell'altare.

Siamo giunti alla Domenica Boni Pastoris, la terza di Pasqua, che segue la Domenica in Albis. Nel mondo orientale essa è dedicata alle Mirofore che vennero a visitare il sepolcro. Nella nostra tradizione occidentale questa domenica è dedicata al brano giovanneo di cui sopra, in cui il Cristo si identifica come il Buon Pastore, colui che ha cura del suo gregge fino "a deporre la vita per le pecore". In questo brano vediamo sia una anticipazione del sacrificio di Cristo, che ci viene ricordato a tre settimane della preziosa e vivificante Resurrezione del Signore. Ecco che la coscienza collettiva della Chiesa, in questo tempo benedetto di Pasqua, riconosce dopo l'incredulità di Tommaso chi è il Signore: è il Buon Pastore, è Gesù Cristo. Confermata dunque la fede, la comunità cristiana può senza remore affidarsi a Colui che è disposto a tutto, anche a morire per lei.  «Eravate come pecore erranti, ma ora siete tornati al pastore e vescovo delle vostre anime» (1Pt 2,25). Quale immensa misericordia! Lo proclama l'introito della messa di oggi: «Della misericordia del Signore è piena la terra!». «Dalla parola del Signore ebbero stabilità i cieli» (Sal 32,56), cioè dal Figlio di Dio ebbero stabilità gli apostoli e gli uomini apostolici, per non essere come pecore erranti, ma si tenessero sempre sotto la verga del pastore e del guardiano delle anime.

L'unione profonda fra il Padre e il Figlio è quel vincolo d'Amore che genera, vivifica, muove l'Universo. Il Creatore, Dio Padre, ha fatto gli universi visibili e invisibili tramite il suo Verbo, che per la nostra salvezza si è incarnato nel seno virginale di Maria e si è sacrificato per il genere umano, al fine di ricondurre l'umanità decaduta al Padre, e unire di nuovo l'Uomo e Dio attraverso il Verbo, che prese la natura umana - in tutto eccetto il peccato - e la unì a quella divina, non perdendo le qualità di ognuna di esse, ma rendendole interdipendenti e armoniche. I Cristiani sono chiamati a questa unità e a questo amore divino e umano e a seguire il Buon Pastore verso la meta finale della transumanza mistica, ritornando all'Ovile divino, che è la Chiesa. Siamo chiamati non a disperderci, non a correre dietro ai mercenari dalla via facile, ma a rimanere vigili sotto il pastorale di Cristo. Come potrebbe infatti essere un appello al lassismo e all'indifferenza dottrinale questo passo, quando poco prima il Signore ha detto: «In verità, in verità vi dico: chi non entra nell'ovile delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante» (Gv 10,1). Il mercenario, ovvero il falso maestro spirituale, e il diavolo sono legati da una certa amicizia e vincolati da un patto. Il diavolo dice al falso maestro ciò che disse il re di Sodoma ad Abramo: «Dammi le anime, il resto - cioè la lana, la carne, il latte - prendilo per te» (Gn 14,21). E come si affaccendano i falsi profeti di oggi nel cercare con ogni mezzo di carpire le anime dei pii e di coloro che cercano la Verità e la adesione alla vera Chiesa di Cristo! 

Tuttavia, di questo brano evangelico, suscita sempre molta confusione il versetto finale: Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore. Oggi c'è una discreta percentuale di fedeli che ritiene questa frase come un appello ad una sorta di "unità forzata" e all'ecumenismo. In realtà, il Cristo non parla di due Chiese - la Chiesa è Una e, al momento della citazione, non era ancora nata - ma di due Nazioni: quella degli Ebrei (le pecore del primo ovile) e quella dei Gentili (l'altro ovile). In quel senso "vi sarà un solo ovile e un solo pastore". Tutte le genti - indipendentemente dalla etnia o dal censo - si uniranno in Cristo per formare l'unico ovile, la Santa, Una, Universale (cattolica) e Apostolica Chiesa. 

Perciò dobbiamo fare come ha comandato il Signore: «Intingete il mazzetto di issopo nel sangue che è sulla soglia, e con esso aspergete l'architrave ed entrambi gli stipiti» (Es 12,22). L'issopo è un'erba in grado di purificare i polmoni: spunta tra le pietre, con le radici aderisce al sasso; è figura della fede in Gesù Cristo, della quale dice l'Apostolo: «Ha purificato i cuori con la fede» (At 15,9). Questa fede è radicata e fondata in Cristo stesso, che è pietra angolare. Voi dunque, o fedeli, prendete il mazzetto della fede e intingetelo nel sangue di Gesù Cristo, aspergete con esso l'architrave ed entrambi gli stipiti. L'architrave è l'intelletto; i due stipiti sono il volere e l'operare, che devono agire nel ricordo della passione di Gesù Cristo. 

Cristo è risorto, alleluia!

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