La Lectio Divina - le origini e il significato

 Un asceta egiziano contemporaneo, il monaco Matta El-Meskeen, nel suo libro Comunione d'Amore, ha scritto che esistono due tipi di lettura, quella nella quale l'uomo si impone sull'oggetto della sua lettura, come per esempio quando vogliamo carpire informazioni, concetti, fare nostro un testo per diletto, per studio o per necessità; e un altro tipo di lettura, quella spirituale, nella quale invece è l'uomo a sottomettersi allo scritto, a lasciarsi guidare, in una forma di lettura orante, pervasiva, e non invasiva [1].  

Tuttavia, tutti siamo d'accordo col monaco egiziano: la Santa Scrittura va letta in modo diverso da un giornale o da una email. Ma il vero problema è che non sappiamo come leggere la Bibbia in modo diverso, produttivo per la nostra vita spirituale. Ed è qui che la pratica antica della Lectio Divina può venire in aiuto. La Lectio Divina si sviluppa in quattro sequenze, ovvero la letio (lettura vera e propria del testo), meditatio (riflessione su ciò che si è letto), oratio (una preghiera spontanea che nasce dalle nostre considerazioni sul testo) e infine la contemplatio (la contemplazione del Mistero divino di cui siano partecipi tramite la lettura). La Lectio Divina è sovente paragonata ad una relazione d'amore, che principia con la conoscenza reciproca, lo sviluppo della coppia, la comprensione del partner e che culmina con l'unione. E' questo il passaggio da una conoscenza tecnica della Bibbia ad una conoscenza intima e profonda con Dio. 

Nella Chiesa Antica, prima del VII secolo, vi sono già 30 regole monastiche utilizzate in differenti aree geografiche, e ognuna di queste ha un capitolo dedicato alla comprensione della Scrittura. Molte di queste regole, come la regola di san Pacomio d'Egitto o di san Giovanni Cassiano e san Benedetto da Norcia, contengono un metodo di preghiera noto come pagina sacra o mneme Theou (in greco, "ricordarsi di Dio"), ovvero la ripetizione di letture ed estratti dalla Bibbia collegati fra loro al fine di formare una preghiera personale. Con questo genere di preghiera si formerà, nel tempo, anche la liturgia cristiana, in larga parte formata da passi biblici fusi fra loro. Le memorizzazione dei passi biblici e il loro utilizzo nella preghiera personale diventa così una vera e propria forma d'ascesi nei monasteri (ruminatio nella terminologia benedettina). Il monaco, conoscendo a fondo la Scrittura, poteva anche utilizzare ogni passo della Bibbia nella propria esperienza quotidiana per risolvere un problema, per combattere una tentazione, per lodare Iddio durante le fasi di lavoro fisico e rimanere quindi in un continuo processo orante [2]. 

Le grandi scuole teologiche di Alessandria e Antiochia avevano metodi diversi di lettura dei testi sacri. Gli alessandrini davano grande peso ad una lettura simbolica dei passi biblici, mentre gli antiocheni erano molto più letteralisti; in Occidente, con la mediazione di san Gerolamo (+420), si giunse ad una lettura sia allegorica che letterale, dai sensi polivalenti. Questa scuola di lettura della Bibbia è quella che ha formato, in seguito, la tecnica della Lectio Divina benedettina, che andremo a conoscere nel prossimo capitolo. 


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NOTE E BIBLIOGRAFIA

1) Matta El-Meskeen, The Communion of Love (Crestwood NY: St. Vladimir’s Seminary Press, 1984), 16

2) Duncan Robertson, Lectio Divina: The Medieval Experience of Reading, 8

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