La venerazione delle icone secondo l'abate Walafrid Strabone

 In ambiente accademico vi è la concezione erronea che l'abate Strabone (+840) fosse un iconoclasta o che, quantomeno, rifiutasse l'onore delle immagini. In realtà il padre Walafrid Strabone, abate di Reichnau, è un difensore della doulia delle immagini sacre. Nel suo Libellus de Exordiis, il monaco espone una concezione comune al mondo antico, ovvero di rigettare la latrìa dell'immagine (spiritualis cultus) ma di onorare le icone con moderazione (honesti et moderati imaginum honores). Parimenti, Strabone non accetta coloro che distruggono le sante immagini, né chi propone una eccessiva venerazione. Nel suo trattato, cita infatti gli insegnamenti sulla doulia di sant'Adriano di Roma e il Settimo Concilio Ecumenico. 


Poco prima che scrivesse questo libro, infatti, il mondo occidentale era stato sconvolto dalla follia iconoclasta del vescovo Claudio di Torino, nell'820, quando questi promosse una campagna di distruzione di statue e icone. La reazione popolare fu fortemente contraria a Claudio, tant'è che molti ecclesiastici latini del IX secolo furono spinti dalla coscienza a scrivere trattati in difesa delle immagini sacre. Proponiamo ora un estratto del Libellus per conoscere a fondo il pensiero del santo abate. 

Dobbiamo ora spendere qualche parola sulle immagini sacre che risplendono nelle nostre chiese. Esse dovrebbero esser prodotte con garbo e senza eccessi, come invece purtroppo alcuni fanno, e ciò porta infatti all'odio verso l'immagine da parte degli stolti. Infatti, taluni non comprendono come l'ingiunzione divina "Adorerai me solo" e "non ti farai nè adorerai alcuna immagine di ciò che è in cielo, per terra o sottoterra" abbia comunque permesso a Mosè e Salomone di costruire l'arca e il tempio e di adornarli con immagini splendenti. Infatti sappiamo bene come Salomone rivestì il tempio di ogni sorta di immagine di uccelli, animali, fiori e piante, e statue di angeli e cherubini? E' evidente che le statue e le immagini non significassero alcunché se non dei simboli e dei misteri del culto divino, e allo stesso modo compiamo noi la venerazione del Signore e la magnificazione della storia della Salvezza attraverso le immagini dei santi e del Signore. Infatti il comando del Signore è "non adorerai le immagini", ovvero la pochezza di quell'oggetto. Non sono da condannare immagini e oggetti di culto prodotti per l'istruzione e la crescita spirituale del popolo. Ma bisogna condannare l'eccesso di vedere un culto spirituale su questi medesimi oggetti, che porta alla superstizione. 

Difatti, sappiamo bene come le cose buone operate dal Creatore vengono sempre corrotte dal pensiero dei malvagi e dalla azione dei demoni, e allo stesso modo una immagine generata per il culto del Signore può perdersi nella fantasia degli uomini e divenire essa stessa oggetto di culto a causa della bellezza per colpa della maestria di colui che l'ha prodotta. Una controversia molto grande su questo tema apparve fra gli Elleni al tempo del pio vescovo di Roma Gregorio secondo e dell'imperatore Costantino, che tolse tutte le immagini da Costantinopoli, e sotto Gregorio III il sinodo romano stabilì che andavano restaurate tutte le immagini in tutte le chiese in accordo con gli antichi usi della Chiesa Universale. E la stessa controversia apparve in Francia durante il regno del benedetto Luigi, il quale ristabilì con giustizia l'antico ordine canonico.

E' recentemente riapparso questo problema con le scellerate azioni del vescovo Claudio ti Torino, deforme e piccolo (come dice il suo nome stesso) nella fede, e si condannato da solo con la sua pochezza di giudizio. E visto che la legge impone una penitenza in tribunale per chi osa dissacrare perfino una moneta con il volto dell'Imperatore, Claudio è sotto processo per giuste accuse. 

Tuttavia, ricordiamoci anche di come al tempo degli israeliti il serpente di bronzo di Mosé salvò dai morsi dei veri serpenti coloro che si affidarono alla fede in Dio, al tempo del re Geroboamo. Ma poiché il popolo cadde nell'idolatria e iniziò ad adorare quel serpente bronzeo, il retto Ezechia, saggio re di Giuda, optò per distruggerlo. Poiché i cristiani sono stati introdotti allo splendore della sapienza e della vita devota, dovrebbero sapere che non si adorano né i vivi né i morti, ma il Signore e Creatore solo. I santi infatti intercedono per noi nella sua potenza, non nella propria - e noi rispettiamo e veneriamo gli amici di Dio che ci hanno preceduti; per questo una onesta e sincera venerazione delle immagini è tributata con onore, ma non il loro culto idolatrico. Poiché le immagini non devono essere adorate di per sè stesse, ma attraverso di esse adoriamo e veneriamo il Creatore, le immagini eccessive vanno proibite. Sappiamo anche che le immagini servono da scuola per gli illetterati e vediamo come il popolino, spesso assai poco interessato all'ascolto delle Lettere, è ben contento e si commuove dinnanzi all'immagine del Salvatore, della sua Madre o dei santi, alle volte fino alle lacrime, che portano ad un vero pentimento. 

Per questo, le immagini sante vanno amate e conservate con cura, e dobbiamo condannare la negligenza e l'odio verso di esse, ma anche evitare un eccessivo attaccamento che ci allontana dalla Fonte di ogni cosa, perché dobbiamo sempre preferire ciò che è spirituale a ciò che è materiale. 

[Libellus de exordiis, Sec. 8, pages 73-81]

Commenti