Arnolfo di Milano, autorevole scrittore dell'XI secolo, descrive con dovizia di particolari gli abusi, le violenze e la malvagità degli eretici patarini nella sua città, eretici che furono usati dal papa per disturbare l'autonomia e la forza della città di Milano e del suo clero. Infatti, pur di distruggere la resistenza anti-ildebrandiana in Lombardia, il papa arrivò a condonare e perdonare i patarini per tutte le loro efferatezze. I patarini erano guidati da un tale Erlembaldo, riconosciuto poi come "santo" dalla chiesa cattolico-romana oggi. Erlembaldo, che odiava il clero sposato e il rito ambrosiano, compì atrocità annotate per la loro enormità:
A Milano, Erlembaldo ricevette doni e denaro per compiere le sue attività, così come gli fu promesso (da Roma). Costui lavorava senza posa giorno e notte, disturbando le assemblee e le liturgie dell'arcivescovo Goffredo con fuoco e spada, senza timore né della corona imperiale né delle autorità cittadine, confidando ciecamente nella sua lealtà alla sede romana. A cagion di questo, fece quanto era in suo potere per intimorire, distruggere e annientare i vescovi della congregazione ambrosiana, asserendo in pubblico che erano stati scomunicati dal papa e rimossi dai loro uffici. Avvenne che per il santo sabato di Pentecoste, alla vigilia della festa, impedì con un esercito di suoi sodali che avvenisse il tradizionale battesimo di Pentecoste.
Avvenne che l'Arcivescovo dovette uscire dalla città e, in occasione della Messa Crismale al Giovedì Santo, spedì l'olio consacrato come crisma a Milano. Erlembaldo comandò ai suoi uomini di rovesciare il santo olio per strada e lo calpestò con le sua scarpe sudicie, affermando che Cristo non aveva compiuto né comandato un tale rituale. Purtroppo, quindi, a causa della sua violenza, i catecumeni non gioirono del battesimo pasquale quell'anno e mancarono della grazia della vita consacrata a Dio per molto tempo. Erlembaldo invece ottenne di vedere il "suo" battesimo al sesto giorno dopo l'alba, quando i canoni dei Padri non lo permettono. Un gran numero di cittadini fu succube di questo terrore, mentre molti altri furono da lui comprati col denaro o con il terrore della morte. Infatti, la sua compagnia era temuta da tutti i cittadini di Milano e gli uomini di buona volontà se ne stavano alla larga. Il numero dei Patarini crebbe a dismisura in tutta la regione tanto che perfino il Duca credette che, oramai, in Lombardia non vi fossero più cristiani, ma solo Patarini.
[Libro IV, capitolo 6, Libro dei Fatti Recenti, Arnolfo di Milano]
Dopo aver ucciso il legittimo arcivescovo di Milano, Goffredo, ed aver installato un papista sul trono della città, Arialdo ed Erlembaldo, i capi della rivolta patarina, furono uccisi dalla popolazione insorta. Roma li riconobbe come martiri della causa ildebrandiana e sono ancora presenti in alcuni calendari cattolici.
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