L'organo è un oggetto ben presente nella mentalità liturgica cattolico-romana ma le sue origini sono molto antiche. In che modo è diventato parte del culto in Occidente?
La parola organo compare nella Bibbia, per esempio nel salmo 150, con il lemma Ugab, che indica sia una cornamusa a flauti che una specie di arpa. Una panoramica dettagliata dei rituali ebraici è data nella Mishnah (200 d.C.), un libro prodotto dai giudei della diaspora insieme col Talmud. Gli strumenti musicali nella liturgia ebraica del Tempio avevano un loro specifico spazio d'azione, esattamente prima del sacrificio del capro o agnello, quando l'alto sacerdote usciva nel quadriportico e annunciava l'inizio della climax con dei cembali. Al suo via, i leviti musici suonavano il nebel e il kinnor, che gli storici hanno identificato rispettivamente come arpa e chitarra, insieme col salmo della festa. Quanto numerosa era l'orchestra del tempio? sappiamo che ad ogni sacrificio erano presenti da due a sei arpe, e almeno nove chitarre, un cembalo, e un numero di suonatori e cantori pari a dodici. Tuttavia, questi erano i numeri minimi. Al termine di ogni stasi del salmo, veniva squillata la tromba e il popolo si prostrava. [1] Tuttavia, al tempo di Cristo, già gli strumenti musicali non erano più parte del culto sinagogale, ma solo di quello del Tempio di Salomone. Con la sua distruzione nel 70 d.C., il mondo ebraico ha definitivamente perso l'uso strumentale nel culto, anche se recentemente, con la promessa di ricostruire il Tempio, stanno addestrando una nuova generazione di leviti e di sacerdoti.
L'organo come lo conosciamo noi è stato inventato dal greco Ctesibio ad Alessandria nel 265 a.C. col nome di "idraulico" (hydraulis) perché suonato tramite chiavi mosse dalla pressione esercitata dall'acqua sul mantice. Versioni a tastiera compaiono nella tarda antichità quando al Circo Massimo di Roma e alle processioni imperiali veniva suonato per annunciare all'intera città l'inizio dell'evento. Parliamo di organi assai imponenti, come quello riprodotto sull'obelisco eretto dall'Imperatore Teodosio (+395 d.C.), sul quale figura appunto un organo a canne. A Costantinopoli l'organo era parte dell'orchestra di corte e venne sempre percepito come un retaggio pagano, inadatto alla liturgia. L'organo è presente in alcune ville patrizie dell'Oriente imperiale come testimoniano i ritrovamenti in Siria. Un organo a canne fu installato nel nartece di santa Sofia come sostituto per le trombe, al fine di annunciare l'ingresso dell'Imperatore in chiesa, ma mai usato durante il culto. Così anche in Occidente, come testimonia il divieto di usare strumenti musicali da parte di tutti i Padri della Chiesa. San Clemente d'Alessandria (+215) impone al clero di lasciare una festa o un evento quando arrivano i musici, e proibisce l'uso di strumenti in chiesa (Instructor 3), e Origene gli fa eco dicendo che l'uso degli strumenti è nocivo (cfr Istruzione sui Salmi, 32) e san Basilio arriva a dire che suonare l'arpa e il flauto è "un'arte inutile all'anima" (cfr. Commentario a Isaia, 5). Una lettura spiritualizzata del salmo 150, spiegato da san Clemente, è la seguente:
Lodatelo con la tromba, ovvero la voce: perché col suono di tromba risorgeranno i morti. Lodatelo col salterio, che è la nostra lingua. Pregatelo con la cetra, ovvero risuoni il vostro cuore come la cassa della lira; lodatelo con timpani e danze, ovvero meditate sulla resurrezione dei morti. Con organi e cembali lodatelo, dice il salmo, e l'organo è il nostro corpo, e i nostri sentimenti sono le canne dell'organo, armonizzate verso Dio; Acclamatelo con cembali, dice, perché il nostro canto è il cembalo: la lingua che batte sulle labbra, così come i piatti dei cembali si scontrano per produrre il suono. [Instructor 2:4]
Il Concilio di Laodicea nel 364 limita anche il canto nelle chiese, giacché le congregazioni sfociavano spesso in situazioni incresciose dovute all'eccesivo permessivismo. Sant'Ilario di Poitiers (+368) invece ritiene che il salterio come strumento sia accettabile per il culto divino e predispone il canto delle antifone accompagnato da questo strumento. Ma l'esperimento di sant'Ilario ha vita breve e in tutta la Chiesa si preferisce non usare strumenti per il culto divino. Fino a Carlo Magno.
Carlo Magno ricevette in dono dall'imperatrice Irene un organo di fattura araba e lo strumento gli piacque così tanto che ne fece istallare una copia anche nella sua cappella di corte, per accompagnare la Messa. Nasce quindi in epoca carolingia un primo, primitivo uso dell'organo fuori dalla musica profana. Particolarmente in Inghilterra si diffuse la tradizione di produrre organetti portatili e i santi Maildolfo (+675), Aldelmo (+709) e Ethelwold (+984) produssero organi per essere usati in varie occasioni. Dalle cronache pare tuttavia che gli organi e gli organetti fossero sempre sentiti come estranei alla vera liturgia e fossero sempre limitati a funzioni secondarie come accompagnamento alle processioni esterne oppure come base per l'insegnamento della musica, un po' come si fa oggi coi pianoforti. Pare che a Roma, sotto il pontificato di papa Vitaliano (+672) fosse presente un organo per istruire i coristi, probabilmente ricevuto in dono dagli anglo-sassoni con le cui gerarchie ecclesiastiche era in ottimi rapporti. La tradizione vuole che la prima solenne benedizione ad uso liturgico dell'organo sia stata data da lui [2]. Tuttavia, il primo compositore liturgico noto che utilizzi anche un organo è il francese Guillaume de Machaut nel 1300 [3]. Questo gap di oltre cinquecento anni è difficilmente accettabile sia dal punto di vista storico che teorico, poiché l'innografia latina - già ricca nel VII secolo - si impreziosisce ulteriormente proprio durante la fase dei papi greci che seguono a san Vitaliano, fra il 700 e il 800 d.C. Sembra improbabile che, qualora l'organo fosse diffuso e accettato nel culto, non vi fosse alcuna partitura scritta per lo strumento, come invece accade per tutta l'innografia cantata. Anche il monaco Guido d'Arezzo, riformatore del XI secolo e inventore della notazione moderna, non presenta partiture d'organo per i servizi divini.
L'organo, dal XIV secolo in avanti, diventa sempre più presente per poi esplodere con la riforma di Trento nel XVI secolo, e viene diffuso ovunque come efficace strumento d'accompagnamento per la nuova liturgia barocca. L'organo surclassa tutti gli altri strumenti che - sporadicamente - erano utilizzati nelle Sacre Rappresentazioni o alle processioni, come cembali, strumenti a corda e a fiato e financo tamburelli (di tradizione alessandrina). Dal Cinquecento in avanti l'organo è il "re degli strumenti" della musica sacra occidentale, che si riappropria anche dell'uso di vere e proprie orchestre, specialmente nel Settecento, una fase di vera decadenza della ritualità sacra.
L'organo mantiene le sue funzioni di culto fino agli anni 50 del Novecento, e dopo la riforma del Concilio Vaticano II è sempre meno usato, perché scompare sempre più la Messa solenne cantata della quale l'organo era un componente. La parabola discendente dell'organo è sentita dai tradizionalisti cattolici come una perdita, ma in realtà possiamo individuare nell'organo un elemento estraneo al culto ortodosso latino. A proposito degli strumenti musicali, dice bene il beato Eftimio Zigabeno (+1118) che nel suo Commentario ai Salmi [4] scrive:
Secondo i santi Padri il Cristo ha tolto gli strumenti musicali dell'Antica Legge dal culto che gli va attribuito, innalzando nuovamente l'essere umano come strumento perfetto e preferito per l'adorazione di Dio: l'anima e la voce umana divengono dunque i canali nei quali il Cristo fa risuonare la sua voce e far risuonare la perfezione della lode e della fede. Non stupisce che ancora oggi i pagani, così come ieri, preferiscono gli strumenti musicali.
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NOTE E FONTI
1) The Exclusion of Musical Instruments from the Ancient Synagogue, James W. McKinnon. Proceedings of the Royal Musical Association Vol. 106 (1979 - 1980), pp. 77-87 (11 pages) Published By: Taylor & Francis, Ltd.
2) Kirsch, Johann Peter (1912). "Pope St. Vitalian" in The Catholic Encyclopedia. Vol. 15. New York: Robert Appleton Company.
3) G. Reaney, Revue belge de Musicologie / Belgisch Tijdschrift voor Muziekwetenschap Vol. 10, No. 1/2 (1956), pp. 3-17 (15 pages) Published By: Societe Belge de Musicologie
4) Sant'Eftimio Zigabeno, Psaltirea in talcuirile sfintilor Parinti (romeno), volume I, pag. 769. Iasi, Ed. Ecumenita, 1983, basata sull'edizione del 1850.
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